Bang! am Gardasee

Ein Beitrag für die italienischsprachige Zeitschrift ADESSO, deren Redakteurinnen ihn aber so zugerichtet haben – gekürzt, verschlimmbessert, des Witzes beraubt – dass ich ihn hier einmal in seiner ursprünglichen, integren Gestalt veröffentlich wissen möchte. Eine Geschichte aus dem Jahr 1974, ein Autounfall am Westufer des Gardasees mit zunächst schwer erträglichen Folgen und einem versöhnlichen Ende.

Era l’anno 1974. Eravamo in viaggio in una vecchia Renault, tre studenti di musica del conservatorio di Hannover e una ragazza che il più giovane di noi ci aveva presentato all’ultimo momento rendendo così un po’ più difficili le combinazioni all’interno del nostro gruppo. Avevamo visitato Venezia, Verona e Mantova, e stavamo ritornando in Germania percorrendo la riva occidentale del Lago di Garda, da qualche parte fra Gargnano e Limone. Il lago esercitava un fascino particolare su di me, lo guardavo e riguardavo incantato, sebbene fossi al volante della nostra carretta. Credo che volessi condividere il mio entusiasmo con i miei compagni, fatto sta che dopo una curva che ci svelava una nuova bellezza, gliela mostrai esclamando: „Dio mio, com’è bello questo Lago di -“  BANG! Avevo scontrato.

Dimenticando di fare attenzione alla strada e al traffico ero andato a sbattere contro il veicolo che viaggiava davanti a noi, una delle tante Api che allora erano in circolazione. All’Ape non avevo causato praticamente nessun danno, e il conducente dichiarò che era contento così e non voleva incontrare la polizia. Ci salutò e se ne andò. La parte anteriore della mia macchina però era parecchio malconcia, uno spettacolo triste, in particolare i fari che non davano alcun segno di vita.

In quel tempo le gallerie del lago non erano illuminate – come andare avanti senza fari? Eravamo perplessi. Tuttavia dopo qualche istante si fermò una macchina da cui scesero  due coetanei tedeschi pronti ad aiutarci. Esclamarono „Oh, oh, oh!“, guardando la macchina, ma ci proposero di guidarci attraverso la prossima galleria. Detto, fatto: essi procedevano alcuni metri davanti a noi andando forse a 20 chilometri all’ora e noi sempre dietro, seguendo le loro luci posteriori.

Superata la galleria, ci ammiccarono allegramente e partirono a tutto vapore. In questa zona però una galleria segue l’altra, e per attraversare le altre gallerie non trovammo aiuto. Così prendemmo le nostre pile, cercando di illuminare almeno dieci, venti metri proprio davanti a noi. Quando dietro si avvicinava una macchina, voltavamo le nostre torce per catturare l’attenzione del conducente segnalandogli la nostra presenza. Con il traffico di oggi questa impresa sarebbe impossibile, ma in quella notte dei tempi riuscimmo a cavarcela. Arrivati a Riva del Garda però io avevo le gambe che tremavano.

Al nostro conservatorio si tenevano corsi d’ italiano, ma questi corsi si rivolgevano agli studenti dell’opera lirica. Così eravamo in grado di dire „del mio pensiero tu sei regina“ o „l’atroce grido io sento“, ma chiedere di un’autofficina fu quasi impossibile. Ci fermammo al bordo della strada confusi e indecisi, quando un signore anziano si avvicinò. Come prima cosa fece un „Oh, oh, oh!“ a sua volta. Si presentò come Franco, salì in macchina dopo qualche minuto come quinto passeggero e ci portò chiacchierando senza pausa al posto desiderato, una piccola officina. Il meccanico, anche lui, si chiamava Franco, ma mentre Franco Primo era un tipo assai loquace, Franco Secondo, dopo il solito „Oh, oh, oh!“, non diceva nulla, o quasi nulla. Ci indicò il posto dove la macchina poteva esser parcheggiata in attesa dei pezzi di ricambio, soprattutto delle lampadine adatte, e ci congedò.

Le relazioni fra noi giovani erano state un po’ difficili anche nei giorni precedenti, ma allora, in quei giorni di attesa, diventarono molto tese. La coppia si ritirava ogni tanto per discutere, senza risultato tuttavia, su come fuggire da questa situazione – in treno, in autostop o facendo meditazione trascendentale (di cui i due erano aderenti). Il mio collega Georg ed io giocavamo a minigolf almeno tre volte al giorno, talvolta lanciando la pallina fuori dal campo, per attenuare la tensione.

Dopo tre giorni andammo all’autofficina, come avevamo stabilito, e trovammo Franco Secondo … e la nostra macchina „riveduta e corretta“. Avevamo paura riguardo ai soldi, ma il meccanico ci disse: „Datemi quello che avete“. Gli demmo 70 marchi, le nostre banconote italiane (poche) e alcune corone svedesi, che la ragazza, non so perché, aveva nelle sue tasche. Da quel momento potemmo ridere di nuovo, tutti insieme. Ringraziammo Franco Secondo per la sua generosità straordinaria e riprendemmo di buon umore, o quasi, il lungo viaggio di ritorno in Germania. 

Ancora oggi sono un fan del Lago di Garda. Ogni anno trascorro una o due settimane godendo della sua bellezza incredibile, in una casa di un amico generoso a circa venti chilometri dal luogo di quell’incidente di cinquanta anni fa. E godo anche l’incantesimo di una memoria trasfigurante, che ci permette di pensare con benevolenza al passato. Come fu bella quella vacanza, quando ero un giovane studente del conservatorio di Hannover …

 

 

Hier ein Kommentar von Petra Lieb-Mohn, einer ADESSO-Leserin und Homepage-Besucherin:
Gerade habe ich den Originalartikel „Bang! am Gardasee“ gelesen und mit dem Adesso-Artikel „Franco primo e Franco secondo“ verglichen. Welch ein Unterschied!! In der Schule lernt man zu unterscheiden zwischen Erzählung und Bericht. Zu einer lebendigen Erzählung gehören wörtliche Rede, Ausrufe, Fragesätze, eigene Gedanken und Gefühle, witzige Einschübe … All das haben sie gestrichen und aus einer lebendigen und witzigen Erzählung einen eher nüchternen Bericht über ein Abenteuer in Italien gemacht. Wie schade!! Gerade diese kleinen Einschübe wie über das junge Mädchen „rendendo cosi un po‘ più difficili…“ oder die nicht vollendeten Ausrufe wie „Dio mio, com’è bello questo Lago di -“ BANG! … bringen doch erst ein Schmunzeln ins Gesicht des Lesers oder der Leserin. Wenn man denn unbedingt aus Platzgründen streichen muss, dann eventuell im zweiten Teil, nicht vor „le gambe che tremavano“. Danke für den Originalartikel. Ich habe ihn ausgedruckt und kommt in das Adesso-Heft neben den gekürzten als Beispiel dafür, wie man nicht kürzen sollte. In der Kürze keine Würze!